Il viaggiare è fatale ai pregiudizi, ai bigottismi e alle menti ristrette.
(Mark Twain)
In un'ora e mezza si lascia Iquique e il Cile, si attraversano le Ande, e si arriva a Santa Cruz de la Sierra, capitale economica della Bolivia, anche se città relativamente giovane, commerciale e moderna.
Il
dipartimento di Santa Cruz è il più esteso, il più
tropicale della Bolivia, con enormi estensioni di praterie e selva, e solo per
un terzo montagnoso. Si colloca nella parte orientale del territorio boliviano,
confina con Brasile e Paraguay. Qui convivono differenti gruppi
etnici: Guarayos, Sirionós, Chiquitanos, Chamacocos, Zamucos, Potoreras,
Yanaiguas, Izozeños, Chiriguanos, Tapietes e Yuracarés. Lo spagnolo Ñuflo de
Chávez fondò, nel 1561, Santa Cruz de la Sierra, in ricordo
del suo paese natale in Extremadura. In seguito ad una rivolta degli aborigeni
(1563) la città fu trasferita vicino al rio Piraí, dove ancora oggi si trova. Santa Cruz fu una città
di frontiera durante i secoli XVI e XVII, per questo fu oggetto di diverse spedizioni dei
gesuiti. Rimase marginale, fino a quando strade e ferrovie non la collegarono
ai mercati nazionali e internazionali. Così in soli 25 anni è diventata la seconda
città della Bolivia, e l’area più popolata del Paese.
Il Governo del Dipartimento fa pubblicità a Santa Cruz, dicendo che il meglio che ha da offrire è la sua gente, le sue aree protette e la sua biodiversità; una terra dove tutto è possibile, perché innova e intraprende; per questo è la regione che cresce di più in Sudamerica (lo si capisce dai macchinoni che corrono nelle sue strette vie), ma è anche una terra di cultura. Qui, infatti, si organizzano eventi come: ogni due anni, il Festival Internazionale di Musica Rinascimentale e Barocca; il Festival del Teatro, la Fiera Internazionale del Libro, e altro.
Abbiamo trovato una cartolina pubblicitaria, molto colorata, con libri che volano e un bambino con la testa tuffata fra le pagine; dice la scritta sul verso: Leggere è un atto poetico e politico.
Abbiamo trovato una cartolina pubblicitaria, molto colorata, con libri che volano e un bambino con la testa tuffata fra le pagine; dice la scritta sul verso: Leggere è un atto poetico e politico.
I
caffé, le gelaterie, le pasticcerie, i luoghi di ritrovo per ragazzi, bambini e adulti di ogni tipo di estrazione sociale qui non mancano, alcuni autoctoni,
però, preferiscono fare gli ambulanti per strada o mendicare, con i loro piccoli e donne, masticando tutto il giorno foglie di coca. La domenica,
da mattina e sera, è la loro unica occupazione, oltre a quella di alimentare un
po' i figli.
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